NEVRALGIE FACCIALI

Le nevralgie si distinguono in essenziali e sintomatiche. Nelle prime non sono dimostrabili lesioni con i mezzi diagnostici mentre in quelle secondarie si ritrova un' affezione diretta del tronco o della radice nervosa. Fra le nevralgie facciali di gran lunga più frequente, è la nevralgia essenziale del trigemino.

Essa insorge generalmente in persone di età fra i 50/70 anni ed è rara sotto i 30/40 anni. Colpisce con maggior frequenza il sesso femminile.

 nevralgia facciale

COME SI MANIFESTA

Il dolore è parossistico, improvviso, folgorante e simile a scariche elettriche, dura breve tempo, da pochi secondi a mezzo minuto, ritorna spesso ad intervalli con due- tre attacchi in pochi minuti. Spesso è scatenato dall'atto del mangiare e del parlare o da semplici sfioramenti della cute del viso. Il dolore è confinato nel territorio di innervazione del trigemino a metà faccia e più frequentemente sulle zone mascellari e mandibolari.

COME SI CURA

Il trattamento medico-farmacologico rappresenta sempre la prima scelta in tutti i pazienti. I farmaci anti-convulsivanti sono i più efficaci. I blocchi con anestetici locali eseguiti sui punti dolorosi e sulle branche periferiche del nervo eliminano spesso il dolore anche per lunghi periodi. Essi pertanto hanno una grande utilità nelle fasi di riacutizzazione, in appoggio la terapia farmacologica. Nei casi più resistenti si arriva a trattamenti più invasivi quali la termocoagulazione selettiva percutanea del ganglio di Gasser o ad un vero e proprio intervento neuro-chirurgico consistente nella liberazione della radice del nervo dalle anse di arterie o vene che eventualmente lo comprimono("decompressione vascolo-nervosa").

La nevralgia trigeminale rappresenta ancora oggi un problema diagnostico perché molte possono essere le forme dolorose della faccia da cui deve essere distinta e rappresenta un problema in quanto i procedimenti terapeutici danno spesso risultati non definitivi. Una importante forma di nevralgia, seppure meno frequente, è quella post erpetica. Nella nostra pratica quotidiana abbiamo osservato che la terapia farmacologica associata a blocchi anestetici e, talora, anche ad elettroagopuntura, riesce a controllare una elevata quantità di pazienti.

CEFALEA (Emicrania)

La cefalea è una malattia che si manifesta principalmente come dolore alla testa. Essa è tra le prime venti problematiche sanitarie (secondo l'OMS) in grado di peggiorare sensibilmente la qualità della vita, a causa delle sue caratteristiche invalidanti essa nei casi più gravi può portare ad abuso-dipendenza dai farmaci analgesici e quindi costituisce un problema tale da meritare un approccio diagnostico e terapeutico ben adeguato.

Non tutti i mal di testa sono uguali e pertanto nella diagnosi è fondamentale la distinzione tra la forma primitiva del dolore cefalico, che è al contempo sintomo e malattia, dalla cefalea secondaria che riconosce una causa specifica (cervico-artrosi, patologia dei denti e dei seni para-nasali, neoplasie cerebrali, etc.).

La cefalea di tipo tensivo è la più diffusa. Riguarda ben oltre la metà di tutti i mal di testa. La tensione muscolare all'origine del disturbo è attribuibile spesso a fattori psichici per cui il paziente somatizza le ansie derivanti dallo stress del vivere quotidiano.

L'emicrania invece, colpisce circa l'8% degli uomini ed in modo prevalente le donne fino a due-tre volte di più.

Assai più rara, ma molto grave per l'intensità del dolore, è la cefalea a grappolo.

Di fronte ai casi di cefalea cronica quotidiana resistente alle terapie farmacologiche si rendono necessari, a complemento per l'interruzione delle crisi, anche trattamenti di tipo non farmacologico (blocchi anestetici nei nervi epicranici, elettro-agopuntura fino a interventi più invasivi di tipo chirurgico).

Che mal di testa hai?

Cefalea di tipo tensivo

Il dolore lieve di tipo gravativo, diffuso a tutto il capo, della durata da 30 minuti a 7 giorni, che non si aggrava con l'attività fisica e non modifica o limita parzialmente le comuni attività.

Emicrania

Dolore pulsante di intensità moderata-forte, uni-bilaterale della dirata da 4 ore a tre giorni, associato spesso a intolleranza alla luce, rumori, odori, nausea, vomito. Limita o impedisce la comuni attività, si aggrava con l'attività fisica. Il paziente ricerca il riposo al buio.

Cefalea a grappolo

Il dolore è trafittivo-lancinante, molto forte, della durata dal 15 a 180 minuti, sempre unilaterale in sede frontale e dentro o intorno all'occhio, accompagnato da lacrimazione e arrossamento congiuntivale ed eventuali altri fenomeni neurovegetativi. La cefalea impedisce ogni attività, ma durante l'attacco spesso il paziente avverte il bisogno di muoversi.

Talora, il mal di testa è preceduto da disturbi visivi (luci tremolanti, linee a zig zag, macchie scure, etc.). Il paziente può riferire anche formicolii ad un braccio, o intorno alle labbra e talora difficoltà di linguaggio. Tali sintomi sono definiti aura emicranica, e cessano entro 1 ora dalla loro comparsa.

Quando il mal di testa può essere un campanello d'allarme?

Se fin ora non hai mai sofferto di mal di testa e improvvisamente cominci a lamentartene. Se ti accorgi che il tuo vecchio mal di testa sta cambiando e il dolore è peggiorato, se noti che la frequenza aumenta sempre di più, se il tuo mal di testa resiste nonostante tu ti sottoponga a tutti i trattamenti consigliati dal tuo medico.

Trauma cranico

In Italia si verificano circa 300 traumi cranici all'anno ogni 100.000 abitanti. Circa la metà sono dovuti ad incidenti stradali; di questi, circa la metà potrebbero essere evitati grazie all'uso del casco e delle cinture di sicurezza. L'età più colpita è quella compresa tra i 15 e i 35 anni.

 

Percorso clinico

1° FASE:

a) descrizione precisa da parte del richiedente il soccorso.
b) inquadramento corretto da parte del personale della centrale operativa.
c) individuazione del mezzo di soccorso più adeguato.

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Vertigini

Le vertigini vengono avvertite come una sensazione di rotazione del proprio corpo intorno agli oggetti o viceversa. Spesso questa falsa sensazione si accompagna a nausea, vomito e tachicardia. Il paziente sofferente di vertigini potrà riferire sensazione di testa confusa, di mancanza di appoggio al suolo, di testa che ruota, di stato di ebrezza.
Spesso il paziente presenta uno stato ansioso-depressivo che può aggravare la sintomatologia.

 

I MECCANISMI CHE CONTROLLANO IL NOSTRO EQUILIBRIO

Una serie di complesse e fini interazioni tra strutture regolano il nostro equilibrio nello spazio. Gli organi interessati sono: il cerveletto, l'apparato visivo, terminazioni nervose muscolari e articolari, particolari zone della parte profonda del cervello, e soprattutto l'orecchio interno, situato nella profondità del cranio, che rappresenta il vero organo dell'equilibrio. Al suo interno, infatti, sono presenti piccole strutture (sacculo, utricolo e canali semicircolari), dette nel loro insieme "labirinto membranoso", che "registrano" i movimenti della testa nello spazio grazie ad un liquido particolare detto "endolinfa", che va a stimolare particolari cellule nello stomaco, intestino e i vasi sanguigni. Ecco perché spesso le vertigini possono accompagnarsi a malesseri quali vomito, sudorazione, nausea, pallore e diminuzione della pressione arteriosa.

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Tallonite

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Il termine tallonite identifica nel linguaggio comune una condizione infiammatoria-dolorosa del tallone. Più frequentemente tale patologia si verifica negli sportivi, anche se non è infrequente la comparsa nelle donne e negli anziani.

 

LE CAUSE

La tallonite può essere provocata da vari fattori:

  • la presenza di una sporgenza ossea del tallone che può essere congenita o formarsi successivamente;
  • il sovrappeso;
  • calzature non idonee;
  • terreni non idonei;
  • prolungata attività sportiva, con eccessive sollecitazioni o contusioni della superficie plantare del piede;
  • alterazioni della postura;
  • patologie reumatiche; • gotta;
  • tumori.

 

COSA FARE

Le differenti cause che provocano la tallonite possono sviluppare l'infiammazione dei tessuti molli della regione sottocalcaneale.
Una volta definita la causa, lo specialista provvederà a prescrivere adeguate indagini diagnostiche, come Rx, ecografia, RM, esame posturografico. La terapia consisterà nel riposo, nell'uso eventuale di plantari cosiddetti "di scarico" e nella fisioterapia: questa sarà rappresentata dallo stretching del tendine di Achille, e dall'utilizzo della ionoforesi.

Nei casi più difficili lo specialista (fisiatra, specialista ortopedico o medico sportivo) potrà effettuare sedute di infiltrazioni o di mesoterapia.

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