Piede piatto

piedipiattii

Con il termine piede piatto si intende un abbassamento della volta plantare. Spesso a questa condizione si associa un valgismo del retropiede (guardandolo da dietro il tallone appare inclinato verso l'interno), e una abduzione dell'avampiede (la parte anteriore del piede appare lievemente deviata verso l'esterno).

Il piede piatto è molto frequente; nelle visite scolastiche più del 50% dei bambini ne risultano affetti, anche se nella maggior parte dei casi ciò è implicabile ad una insufficienza muscolare che tende a migliorare spontaneamente. I bambini nascono infatti con un piede tendente al piatto, a causa dell'abbondante tessuto sottocutaneo della pianta del piede; piano piano, nei primi tre anni di vita, con la deambulazione e con l'azione dei muscoli, le ossa del piede si dispongono ad arco; questa progressiva, naturale azione "cavizzante", tuttavia può essere influenzata negativamente dall'uso di scarpe ginniche, o, peggio ancora, dall'uso di scarpe (attualmente molto in voga), con suole di gomma estremamente spesse e rigide che annullano qualsiasi "informazione" tra suolo e piede.

Raramente il piattismo può comparire in età adulta, a causa dell'obesità (specie in soggetti con predisposizione rappresentata da lassità legamentosa), o a causa di squilibri muscolari (patologie neurologiche, come ad esempio la spina bifida), o ancora a causa di prolungati periodi di inattività degli arti inferiori (in questo caso sarebbe opportuno prevenire tale evenienza con l'uso di plantari specifici).

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Piede cavo

E' una deformità del piede caratterizzata dall'accentuazione della volta plantare. E' il contrario del piede piatto. L'appoggio del piede è quindi prevalentemente sulla parte anteriore (avampiede), ed in particolare sulle teste metatarsali. Spesso al piede cavo si associano le dita a martello (o a "griffe").

 

COME SI MANIFESTA

Si possono distinguere tre differenti deformità di seguito descritte:
La prima, presente già alla nascita, è la forma più rara, la forma acquisita è la più frequente e può essere distinta in cinque tipi:

  • neurogena (la più frequente, può essere causata da lesioni del sistema nervoso centrale o periferico);
  • miopatica (miotonia di Steinert);
  • post-traumatica (esiti di fratture osteo-articolari, esiti di lesioni muscolo-tendinee);
  • degenerativa (artrosi, gotta, artrite reumatoide);
  • secondaria a patologia delle "parti molli" (fibromatosi plantare);

 

La forma essenziale infine comprende tutte quelle forme in cui non è possibile evidenziare una chiara causa.

Per quel che riguarda il meccanismo che sta alla base della formazione del piede cavo, le patologie sopra menzionate possono causare squilibri muscolari, instabilità del piede, fibrosi cicatriziali, vizi di consolidazione, ecc., che in ultima analisi possono portare al cavismo.

 

COSA FARE

Il trattamento consiste nell' esecuzione di esercizi terapeutici attivi e passivi, da fare con il fisioterapista, che possano stabilizzare la muscolatura e la statica del piede. Ci si può avvalere anche dell'uso di plantari e calzature idonee. Nei casi più gravi si ricorre all' intervento chirurgico.

Lesioni muscolari

strappo

Le lesioni muscolari acute sono piuttosto frequenti in tutte le discipline sportive, avendo un'incidenza del 10-30% di tutti i traumi da sport. In particolare più spesso sono interessati i muscoli ischio-crurali (i muscoli posteriori della coscia) degli arti inferiori, detti biarticolari, in quanto si inseriscono sul bacino e sulla gamba, agendo di conseguenza sia sull'anca che sul ginocchio.

Il danno muscolare può essere la conseguenza di un:

  • trauma diretto
  • trauma indiretto.

 

COME SI MANIFESTA

Nel trauma diretto, l'agente che produce la lesione è esterno; tale trauma contusivo determina la lesione di un numero di fibre muscolari tanto maggiore quanto più forte è il trauma e quanto meno è contratto il muscolo al momento della contusione (in condizioni di rilasciamento muscolare, l'intensità dell'onda pressoria che arriva al piano muscolare profondo ed al piano scheletrico è maggiore). Generalmente le più colpite sono le fibre muscolari profonde, adiacenti al piano osseo. Questo spiega il perchè le contusioni muscolari vengano spesso sottostimate, in quanto la lesione è profonda ed il versamento ematico, non appare in superficie. I segni clinici sono: dolore nella sede dell'impatto, tumefazione locale seguita dopo qualche giorno da un'ecchimosi, che può arrivare fino ad un ematoma diffuso e conseguente limitazione funzionale.

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Osteoporosi

L'osteoporosi é una patologia che interessa per l'80% le donne, caratterizzata da una riduzione della "massa ossea". Contrariamente a quanto si crede, l'osteoporosi non e' rappresentata da una perdita di calcio, ma da una perdita del tessuto osseo nel suo insieme (proteine, minerali,ecc.). Possiamo paragonare la struttura ossea a un muro: quel che viene a mancare, nell'osteoporosi, sono i mattoni, e non solo l'intonaco.

Nell'eta' adulta, dopo i 30 anni (che corrispondono al picco della massa ossea), incomincia un fisiologico impoverimento del tessuto osseo, definito "osteoporosi fisiologica". Tuttavia tale processo puo' essere accelerato dall'ereditarietà, dall'ipertiroidismo, dall'alcolismo, dall'uso prolungato di cure a base di cortisone, dalla menopausa precoce (diminuendo il livello degli estrogeni, si accentua lo sviluppo dell'osteoporosi). In presenza di tali fattori di rischio sarebbe bene sottoporsi ad accertamenti periodici (moc, dexa, esami del sangue), già dai 30 anni, ma comunque dopo una certa età, in special modo nelle donne in età menopausale, gli accertamenti dovrebbero essere svolti frequentemente. La donna presenta infatti un periodo della durata di circa 10-15 anni a partire dalla menopausa, durante il quale la riduzione del patrimonio scheletrico può essere rapida e pericolosa. Più la donna si allontana dalla menopausa, e meno perde in massa ossea, divenendo quest'ultima simile a quella dell'uomo di pari età.
Attualmente si suole fare una distinzione tra osteoporosi di tipo I, corrispondente alla forma post-menopausale e di tipo II, senile.

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Ginocchio varo

Il ginocchio varo è un dismorfismo dell'arto inferiore a causa del quale l'asse longitudinale del femore e della tibia formano un angolo aperto medialmente. Tale angolo è tanto minore quanto maggiore è la patologia stessa. Quando il dismorfismo interessa entrambi gli arti inferiori si hanno le cosiddette "gambe a parentesi". In questo caso spesso si tratta di forme congenite e talvolta ereditarie.


Il ginocchio varo può essere anche "acquisito", cioè provocato da eventi traumatici, neoplastici, distrofici o infiammatori.
Ai fini preventivi è molto importante, specie nei bambini, evitare il carico precoce, cioè la stazione eretta e la deambulazione, prima dell'anno di vita.

Mentre nel bambino durante il periodo dell'accrescimento potranno essere utilizzati un tutore e/o delle calzature correttive, nell'adulto, nei casi particolarmente gravi, si potrà ricorrere all'intervento chirurgico. Le terapie maggiormente indicate per la cura del ginocchio varo sono l'utilizzo di ortesi quali plantari e trattamenti di rieducazione motoria che permettono di rieducare il passo e di rinforzare la muscolatura.

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